Mi trovo a scrivere questo articolo in ritardo sui tempi di marcia che mi ero prefissato nella mia Road Map quando, alla fine del 2024, ho cominciato questo ‘’dirompente’’ – direi – percorso con Mental Training Italy e con la mia preziosa Trainer Amanda Gesualdi.
Dopo aver finalizzato tutte le tappe e le sessioni in maniera abbastanza “diligente”, dopo aver portato a termine i compiti affidati, un incidente di mia figlia Elena, 11 anni giocatrice di basket in pectore in un club locale di Alicante, ha stravolto i miei piani.
Durante un allenamento di basket intercorso un mese fa, Elena ha sentito un dolore al collo e la mattina dopo non riusciva più a muovere l’avanbraccio destro. Abbiamo tutti inizialmente preso l’incidente senza panico ed ansia, semplicemente consigliando alla bambina riposo. È stato un mese in cui io ho viaggiato spesso per lavoro all’estero. Dopo più di un mese la bambina continua a non muovere l’avanbraccio destro e ha moltissimo dolore. Abbiamo ad oggi fatto tutti gli esami medici che, grazie a Dio, hanno escluso problemi gravi. Di alcuni esami attendiamo ancora l’esito. Noi genitori cominciamo ad essere un po’ preoccupati, navighiamo un po’ nel buio tra tante diagnosi diverse di cui nessuna al 100% convincente, e la bambina comincia ad essere ovviamente un po’ provata.
Ora mi chiederete: ma cosa c’entra questa vicenda molto personale della tua vita, e di tua figlia, con il Mental Coaching? E’ ovviamente una domanda legittima. Che anche io mi sono posto.
Beh, io sento che c’entra tanto.
In primis io avverto di essere cambiato. Non mi sento più solo Papà Stefano. Ora, a valle di questo percorso fatto a fondo dentro me stesso, mi sento Papà Stefano, Mental Coach. E voi direte, e cosa cambia?
Cambia tantissimo.
Cambia innanzitutto il modo in cui riesco a vedere Elena adesso, in cui la metto a fuoco.
Io ho sempre visto Elena come giocatrice di basket, era il mio obiettivo su di lei fin dalla sua nascita, non so perché.
Adesso con questo incidente è come se si sia squarciato un velo nel mio sguardo su di lei.
Riesco improvvisamente a vedere Elena nella sua più completa natura e nelle mille possibilità che una vita di 11 anni rappresenta.
Vedo gli infiniti colori e sfumature che si possono schiudere nella sua natura. Vedo le infinite possibilità che ha davanti. Davvero il ritorno al basket rappresenta per me adesso qualcosa di tutto sommato marginale, non così importante come prima.
Io credo che il Mental Coaching mi abbia aiutato moltissimo, mi abbia dato – non vorrei usare dei paroloni ma è quello che sento – dei “super poteri” come Papà e come uomo.
Riesco ad inquadrare le cose in un frame diverso, meno confusionario, più ottimista, orientato alla performance e non per forza al risultato, che non deve essere il mio ma il suo, per giunta, sento che il percorso di Mental Coaching mi abbia aiutato a sapermi mettere da parte. A togliermi un po’ di mezzo.
Sento adesso che riesco a dare spazio alla Visualizzazione – la mia tecnica preferita di gran lunga – che per esempio Elena ha adesso l’opportunità di praticare sulla sua stessa vita.
“Papà, sai, ho pensato che da grande vorrei fare la attrice, vorrei lasciare un segno.” Questo mi ha detto qualche giorno fa, dopo una seduta di fisioterapia. Non mi aveva mai parlato in questi termini prima di oggi.
Ho capito quanto è importante poter lasciare spazio, pulire e togliere sovrastrutture, cercare di identificare il “sogno”, ho capito quanto è potente la mente.
Ho imparato e sto imparando anche tante cose concrete, perché è vero che non c’è Mental Coaching senza allenamento e palestra su sé stessi, ho capito cosa voglia dire avere pazienza, cercare di rimanere in equilibrio, seguire e confidare nella Road Map della terapia senza disperare, non fissarsi sui risultati ma focalizzarsi sulla performance. Ho Imparato a gioire se Elena riesce oggi a non avere lo stesso dolore di ieri, se riesce a muovere il braccio ½ centimetro oggi più di una settimana fa.
Ho imparato anche, come persona, nel marasma degli ultimi mesi, a tenere la barra della mia vita diritta. Di non abdicare ai miei propri sogni ed agli obiettivi che, con l’aiuto di Amanda, ho stilato nella mia Road Map nel mese di novembre 2024, quando abbiamo cominciato il nostro percorso.
Molti sono stati già raggiunti, perché questo Mental Coaching è uno strumento onestamente potentissimo e da maneggiare con cautela (!). Molti obiettivi della mia vita li avevo già raggiunti ed il Mental Coaching mi ha aiutato ad averne consapevolezza, ed è stata questa una grandissima scoperta. Molti sono ovviamente ancora da raggiungere. Penso che questo sia valido per molti.
Ma quello che per me è più importante, quello che ho capito in questo percorso che adesso si sta concludendo, è l’importanza di tenere il Timone della navigazione ben diritto, nella tempesta e nella mia vita in generale.
Se il Mental Coach è un “traghettatore”, quello che io mi porto dentro da questo percorso come eredità è la Bussola. Una Bussola ben ancorata in quello che io sono e che io voglio, nei miei desideri più autentici, molto naturale e non artificiale, e per questo molto salda.
Termino questo primo percorso di Mental Coaching con una gran voglia di poter esplorare le tante potenzialità della natura umana, di innamorarmi dei progetti altrui, come dice la mia Coach, dando carta bianca alla mia curiosità e di potermi consentire di vivere, in una vita, le vite di mille persone diverse da me.