Recensione volume “Coaching”, di Sir John Whitmore, edito da Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006.
A cura di Albertina Pretto.
Questo libro si annovera tra quelli che non possono mancare nella biblioteca di un coach, e/o di chiunque si interessi al coaching per ragioni professionali o personali. Di fatto, non solo Witmore è considerato il padre del Coaching aziendale, ma è anche il creatore del metodo G.R.O.W., ossia uno dei più validi per l”individuazione e il raggiungimento degli obiettivi. Pertanto, mi sono avvicinata a questo testo perché volevo capire e studiare questo metodo direttamente dalla penna di chi l’aveva ideato, anziché attingere a una delle tante sintesi che possono essere reperite in Internet o in altri volumi.
Esistono varie ristampe di questo testo ma, quella del 2006, comprende tre capitoli non presenti nelle edizioni precedenti (nella fattispecie, i capitoli 14, 15 e 16 che si occupano rispettivamente di ricerca dello scopo, di ricerca del significato e del coaching applicato all’azienda). Perché Witmore ha sentito l’esigenza di aggiungere questi nuovi capitoli a un libro che già poteva essere considerato una pietra miliare nel business coaching?
Ce lo spiega lui stesso nella sua Introduzione quando scrive: “I problemi vanno risolti al livello sottostante a quello a cui effettivamente si presentano” (p. 8). Se i dipendenti di un’azienda sono demotivati o scontenti del loro lavoro, non sempre si tratta di una mera questione di denaro o di organizzazione interna. Infatti, sono ormai numerosissimi gli studi scientifici che dimostrano il mutato orientamento verso il lavoro nelle società odierne (e.g. Pretto, 2012): una volta che il lavoro va a soddisfare i bisogni primari di sussistenza, le persone cercano in esso forme di autorealizzazione, il che è possibile solo se in tale ambito, possiamo identificare un valore, uno scopo.
A noi tutti spetta dunque il compito di trovare (e in quanto coach, di aiutare a trovare) senso e significato nel nostro lavoro, anche con il supporto di questo libro.