La mia esperienza con il Mental Coaching

Written by on 01/02/2024

Ricomincio da me

Si arriva a un certo punto e si sente la necessità di prendere in mano la
propria vita. Questo può avvenire a tutte le età e con diverse
circostanze: non è mai troppo presto per re-design il proprio cammino.

Io sono Beatrice Angeleri, ho ventiquattro anni e questa e la mia storia con il Coaching.
Quando si finiscono le superiori a diciannove anni, inizia la corsa per entrare nelle università più prestigiose, avere una media oustanding, fare più stage possibili…insomma si è preda di quest’ansia di essere perfetti a tutti i costi. Appena finita la triennale, bisogna già essere ben posizionati nel mondo del lavoro e, ancora una volta, concorrere per entrare nei migliori master al mondo.

Si è costantemente sottoposti a una pressione sociale che pretende e premia l’eccellenza.

Un “gioco” che, onestamente, mi è sempre piaciuto giocare.

Ma poi mi sono chiesta: una volta raggiunto l’obiettivo di essersi laureati in poco tempo, con il massimo dei voti ed essere stati presi nella dream company, cosa rimane?

Un sentimento di depauperamento totale. Come si può essere, in questi momenti, il migliore esempio per noi stessi e per gli altri?

Proprio in questa fase di riflessione, inizio a documentarmi e ad appassionarmi al coaching.

Il primo approccio al coaching da “non addetto” ai lavori

Il coaching dall’esterno (almeno per me) era visto come pratica di aponia e atarassia, di profondo distacco dalla realtà e dalla vita di tutti i giorni, difficilissimo da applicare alla mia caotica quotidianità e al mio temperamento. Questo accadeva fino a qualche mese fa, quando ho preso una delle decisioni più complicate ma più gratificanti della mia vita: accettare un lavoro e trasferirmi a 9700 km di distanza da casa, in California.

Da questo momento tutto è cambiato….

Volevo avere più certezze riguardo alla mia persona, ai miei sogni (quelli più realizzabili e quelli meno) e vivere questa esperienza al meglio.

Tutti sappiamo le difficoltà di iniziare da zero, in un posto nuovo senza avere accanto nemmeno un volto conosciuto e non poter permettersi di occupare il tempo (sempre troppo poco…) in questa ricerca di noi stessi.

Ho quindi deciso di iniziare un percorso a tutto tondo, di psicoterapia e Mental Coaching per poter vivere più consapevolmente questa esperienza e poterne trarre più insegnamenti possibili.

Perché in fondo il coaching non è altro che una visione diversa della vita, più positiva, che introduce molteplici punti di vista e possibili scenari per poter rendere realizzabili e realizzare effettivamente gli obiettivi prefissati. Siano questi personali, atletici o professionali, poco importa: il coaching fornisce uno schema mentale infallibile per poter rendere possibile anche ciò che si credeva impossibile da realizzare.

Il coaching gratificante

Inizia così il mio percorso con Davide Paccassoni e, tassello dopo tassello, grazie alla sua guida riesco a dare valore e voce anche a quelle parti di me che ancora, fino a poco tempo fa, mi risultavano inespresse e incomprensibili.

Tutto questo è stato molto challenging e stimolante, ogni lezione verte non solo di meri insegnamenti teorici, ma li applica alla mia realtà e alla mia persona.

Un lavoro continuo, un racconto coinvolgente è quello che accompagna coach e coachee.

Se da coachee è stato un viaggio introspettivo, scoprendo luci e ombre, valorizzando le luci e rischiarando le zone d’ombra, la svolta è avvenuta quando ho provato ad essere, io, dall’altra parte cioè provare ad essere, io stessa, coach. Ho avuto tra le mani un sogno altrui, ho simpatizzato con l’altra persona per guidarla a visualizzare, dare forma e poi veder l’idea trasformarsi in solida realtà.

Prima di iniziare un percorso di coaching, è importante, innanzitutto, specificare gli obiettivi che il coachee spera di raggiungere per poi incoraggiarlo a prendere l’iniziativa personale, guidandolo lungo il proprio percorso di sviluppo. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso una serie di strategie che possono portare al cambiamento e migliorare le prestazioni personali e professionali. Quella più affine alla mia persona e che mi ha aiutato di più a comprendere me stessa e gli altri, è stata quella degli obiettivi smart o gap bridging.

L’obiettivo/sogno (goal) è il risultato o lo scopo preciso che il coachee e intende raggiungere. Gli obiettivi devono essere strettamente correlati alla dichiarazione del problema e alla visione, delineando il lavoro che verrà svolto per l’intera durata del percorso. Le azioni precise che portano alla realizzazione degli obiettivi/sogni sono note come obiettivi parziali (objectives). Il raggiungimento degli obiettivi (goal) è direttamente influenzato dai risultati particolari e quantificabili che emergono dal completamento degli obiettivi parziali.

L’acronimo SMART si riferisce ad azioni precise, misurabili, raggiungibili, pertinenti e limitate nel tempo.

-Specific (Specifico): l’obiettivo descrive esattamente ciò che verrà fatto e da chi, in modo che chiunque lo legga possa comprenderlo. -Measurable (Misurabile): l’obiettivo specifica come verrà valutata l’attività. Si può valutare se si stanno facendo progressi, misurando i propri obiettivi parziali

-Achievable (Raggiungibile): stabilire obiettivi realistici aiuta a garantire il successo del progetto.

-Relevant (Rilevante): si considera rilevante un obiettivo che si adatta allo scopo e alla visione del progetto.

-Time-Bound (Limitato nel tempo): ogni obiettivo ha una scadenza precisa per il completamento. Un approccio SMART facilita la conversione da concetti a fatti. Stabilire obiettivi SMART aiuta a garantire che il progetto rimanga in target, a gestire il tempo e la responsabilità e a fornire un feedback sul raggiungimento degli obiettivi. L’intero percorso di coaching è stato ed è un arricchimento personale e interpersonale che si traduce sempre con un sorriso stampato in volto,serenità e tanta soddisfazione nel poter dire finalmente <>. (perché anche il coach si sente un po’ vincitore insieme al coachee).


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